martedì 17 dicembre 2013
Alice: Madness Returns
Uno dei titoli che ha segnato l'infanzia, quella vera, è stato lo stupendo American McGee's Alice. Una versione più dark, cinica e splatter della simpatica fiaba a cui siamo abituati, il titolo nel 2000 mi affascinò grazie alla maturità e ad una direzione artistica d'eccezione. Per questo motivo quando fu annunciato il sequel, le mie speranze di rivedere Alice all'azione con le potenzialità della generazione attuale sono tornate realtà.
Alice è ancora ossessionata dal suo passato. I suoi genitori sono morti in un incendio e solo la ragazzina è sopravvissuta. Il forte trauma l'ha resa instabile e il manicomio in cui abita non sembra giovarle affatto. Ma improvvisamente molti segni la riportano nel fatidico Paese delle Meraviglie, completamente sfatiscente a causa di un Treno Infernale che ne sta causando il lento deperimento. Lo Stregatto chiede aiuto (a modo suo) e la ragazza comincia un nuovo viaggio armandosi di coltello e per scoprire i ricordi latenti della morte della sua famiglia.
Nonostante la storia possa sembrare a prima vista intrigare, l'accostamento dei vari capitoli non rende la narrazione molto scorrevole e avvincente. Complice è il gameplay classico, misto a elementi platform e combattimenti con svariate tipologie di mostri. Potremo attaccare con il classico coltello da cucina, sparare con il macinapepe, distruggere crani con il cavalluccio marino. Ma dopo esserci abituati al sistema, questo non cercherà di rinnovarsi in alcun modo. Per quanto i capitoli si svolgano in mondi molto diversificati sia per stile che per contenuti, la realtà dei fatti è che le dinamiche rimangono le stesse, lasciando dopo qualche ora l'impressione di star facendo le stesse azioni a ripetizione.
E non aiutano nemmeno i personaggi con cui avremo a che fare, perchè nella loro follia tanto ben curata nei dialoghi senza senso, non suscitano alcuna empatia nel giocatore, finendo per essere dimenticati alla prima occasione. Un peccato perchè la cura riposta nell'aspetto artistico è davvero lodevole. Già nel primo capitolo di oltre dieci anni fa le atmosfere cupe mi avevano stregato, ma qui il comparto tecnico sopperisce con una mancanza di impegno davvero disarmante. Parlo dell'Unreal Engine, qui sfruttato ai minimi termini con texture a bassa risoluzione, animazioni scialbe, effetti ancora più anonimi.
Il doppiaggio italiano invece si difende anche abbastanza bene, i suoni e le musiche ricalcano perfettamente l'intera produzione, ma di davvero memorabile c'è poco.
Davvero il titolo soffre di una mancanza totale di originalità sul piano del gameplay. Nelle 8-9 necessarie a finire il titolo, farete gli stessi movimenti (salti, attivazione di piattaforme, combattimenti) praticamente senza sosta. Sarà difficile non abbandonarlo una volta arrivati al nuovo capitolo per rendervi conto che il gioco è esattamente uguale all'inizio. Spicy Horse non deve avere le idee molto chiare per invogliare a finire la storia, il che è un peccato perchè la direzione artistica è eccellente e lo stile è sempre originale.
In definitiva, vi consiglio questo titolo se avete amato il primo, ma non aspettatevi un prodotto accattivante. Dopo le prime ore la noia verrà inevitabilmente a bussare alla vostra porta, starà alla vostra pazienza se cercare in tutti i modi di finirlo.
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